MAESTRO COMPAGNO
Mario Lodi è un mio compagno.
Compagno di scuola, quando dalla finestra della Scuola Città Pestalozzi leggevo in classe la storia di Cipì, che era appena uscita nelle edizioni Einaudi. Anche da noi si vedevano gli uccelli che sfrecciavano veloci fra gli alberi del giardino.
Ed in classe i bambini ascoltavano, guardavano le rondini e volavano con loro, immaginandone umane avventure. Io ero più giovane di te, ma ci avvicinava l’entusiasmo per i metodi attivi, per l’attenzione all’infanzia, per l’impegno verso la cultura e la società.
Per me eri il compagno più grande verso cui guardare con fiducia; eri la conferma che si può agire nella scuola e nell’educazione senza lasciarsi invischiare dalle richieste burocratiche, dalle mode, dalle tentazioni consumistiche. Tu eri impegnato con il Movimento di Cooperazione Educativa, io con i CEMEA, convinti entrambi che l’“isolamento logora l’entusiasmo” e che i metodi attivi non si identificano con un singolo maestro.
Compagno a distanza, che io seguivo con occhio attento (e da parte mia un po’ invidioso) perché tu eri capace di raccontare della scuola di tutti i giorni, con bambini e genitori veri, come ne I quaderni di Piadena. O quando dimostravi che, nonostante le ristrettezze economiche, le difficoltà ambientali, è sempre possibile migliorare qualcosa e che C’è speranza se questo accade a Vho. Leggevo il tuo libro nei lunghi percorsi in pullman che mi portavano nelle campagne attorno a Firenze, dove le piccole scuole stavano ancora in stanze sopra le stalle e nella stessa aula si insegnava ai bambini dai sei a quattordici anni. Compagno Mario, avrei voluto essere bravo come te.
Compagno di interessi, quando dicevi che “occorre liberare le capacità creative del fanciullo” e che tocca al maestro aiutarlo a trasformare le sue parole in immagini, in corpo, in arte. E aprivi la Casa delle Arti e del Gioco, raccogliendo disegni, pensieri, idee di tanti bambini e invitando tutti a “vedere il mondo da un’altra prospettiva”, a pensare ad un mondo di amicizia, di cooperazione, di gioia. E’ anche pensando alla tua Casa che sceglievo i disegni per la rubrica su Scuola dell’Infanzia, per mostrare quanto pensano i bambini, quanto sono “impertinenti”, quanto sono complessi.
Compagno vicino, quando abbiamo lavorato per la rivista La Vita Scolastica. E lì ascoltavo i tuoi saggi interventi alle riunioni del comitato scientifico. A volte mi meravigliavo della semplicità del tuo dire, del tuo buon senso, della forma poco aulica che avevi nel descrivere come si sarebbe potuto fare meglio un rivista che fosse di aiuto per i docenti più giovani. C’è molto da fare, dicevi. E avevi ragione. L’impegno educativo non si ferma mai, non c’è un punto di arrivo, un arresto soddisfatto. C’è sempre la gioia di essere giunti e la tristezza di non essere arrivati. L’educazione è attiva, proprio perché non si soddisfa del solo passato o del presente.
Compagno presente, quando penso alla determinazione, alla costanza, alla continuità del tuo lavoro. E sento che sei presente nel mio piccolo impegno quotidiano e vorrei che anche tanti altri lo sentissero, perché “noi” possiamo cambiare. Con modestia e con determinazione, con coscienza e con atteggiamento critico, con piacere ludico e con impegno sociale, con entusiasmo e con amicizia, con divertimento e con gioia di vivere. Insomma, con quelle stesse cose che tu, compagno Mario, hai dimostrato tener presenti per tutta la vita.
Gianfranco Staccioli
(marzo 2014)